Accantonare una somma che aumenterà l’ammontare della pensione è necessario. Basta investire nei fondi pensioni!
Accantonare una somma, anche minima, ma in modo regolare, è un’ottima soluzione per ritrovarsi una pensione più consistente. Un’indagine realizzata da Altroconsumo insieme al gruppo Euroconsumers è emerso che solo un terzo degli intervistati sta investendo in vista della pensione.
La maggior parte delle persone che ha risposto al questionario non si preoccupa di quanto riceverà di pensione, nonostante siano ben consapevoli del fatto che la loro pensione sarà bassa. Ma quali sono le ragioni che portano le persone a non preoccuparsi del futuro? Innanzitutto le persone giovani pensano alla pensione come a qualcosa di ancora molto lontano e quindi non si preoccupano. In secondo luogo, in molti sono convinti di non riuscire economicamente a sostenere un risparmio regolare e, infine, alcuni intervistati hanno dichiarato di non sapere quali strumenti finanziari utilizzare per investire in modo sicuro.
È emerso anche un altro problema dalla nostra indagine: chi investe in funzione della pensione, lo fa in modo sbagliato. Infatti il prodotto più utilizzato è il conto deposito, mentre i fondi pensione, i più adatti, sono tra quelli meno scelti. È vero, con il conto deposito si sta tranquilli ma, come dimostreremo con questo articolo, il rischio non va evitato, ma gestito, perché consente rendimenti più elevati.
Non si è mai troppo giovani per risparmiare
Anche se il momento della pensione è ancora lontano, è necessario pensarci quando si è ancora giovani. La ragione è semplice: più tempo si ha a disposizione, meno soldi si devono risparmiare per raggiungere il proprio obiettivo.

Se ad esempio si vogliono mettere da parte 50.000 euro, se si comincia a risparmiare quando mancano 30 anni alla pensione basterebbe accantonare circa 1.670 euro l’anno, se invece ne mancano 10 di anni alla pensione, allora la somma sale a 5.000 euro ogni anno. Quindi più anni si hanno a disposizione prima di andare in pensione, minore è lo sforzo che si deve fare in termini di risparmi. E non è tutto, perché contando i rendimenti realizzati dagli investimenti, l’effetto del tempo è ancora più dalla nostra parte. Il nostro esempio è ben esplicitato nella tabella: quanto si deve risparmiare diminuisce sia in base alla durata in anni dell’investimento sia in base al rendimento. Ad esempio, sempre facendo riferimento alla tabella, dopo 30 anni, se gli investimenti hanno realizzato il 4% medio annuo, bastano 843 euro, anziché 1.670, praticamente la metà, per accumulare 50.000 euro. Tutto questo, oltre a dimostrare l’importanza di come il rendimento sia altrettanto importante. Quindi il tipo di investimento scelto è determinante per ottenere rendimenti interessanti.

Lo strumento giusto: i fondi pensione
Esistono due tipologie di fondi pensione: fondi pensione chiusi e aperti. Il fondo pensione chiuso è riservato a specifiche categorie di lavoratori: ogni contratto nazionale di lavoro ha un fondo chiuso dedicato. Il fondo aperto è invece destinato a tutti, non c’è alcuna preclusione all’utilizzo da parte di lavoratori autonomi o lavoratori dipendenti: chiunque può aderirvi.
Perché sono lo strumento più adatto per accantonare soldi per la pensione? I motivi sono diversi: godono di vantaggi fiscali specifici, offrono diversi modi per ripartire i risparmi, assicurando rendimenti più alti.
I vantaggi fiscali aumentano il rendimento realizzato con il proprio investimento.
I risparmi investiti usufruiscono di rendimenti più alti di un conto deposito perché ripartiscono il denaro in azioni, obbligazioni o un mix delle due o sulla liquidità. Come destreggiarsi tra queste diverse strategie? È semplice: quanti più anni mancano alla pensione, maggiore deve essere il peso delle azioni, minore è il numero di anni che restano da lavorare, maggiore deve essere la quantità delle obbligazioni. Il tempo è, quindi, ancora una volta, un alleato fondamentale: consente di scegliere il fondo azionario che ha bisogno di tempo per rendere. Come si vede nel grafico, nel lungo periodo, infatti, le azioni guadagnano: dal 2000 ad oggi le Borse mondiali sono aumentate del 218% (dal 1993 ad oggi il guadagno è addirittura dell’828%), nonostante siano successi alcuni fatti economici e politici gravi. A ridurre il rischio non è solo il tempo, ma anche il modo: ogni mese viene investito quanto versato e questo significa che il mese in cui la quota del fondo è più bassa, perché i mercati sono scesi, il fondo acquisterà più quote, mentre quando i mercati salgono, le quote acquistate saranno meno. Questo modo di investire smussa gli alti e bassi del mercato e rende più lineare e meno rischioso, l’investimento in azioni.
Il vantaggio dei fondi pensione è anche di tipo pratico: si deve fare molto poco. Se si è dipendenti, ci pensa l’azienda a prelevare i soldi dallo stipendio e ci si ritrova in automatico i risparmi fiscali.
Se si aderisce a un fondo aperto, bisogna solo ricordarsi di fare il versamento periodico. Infine, il fondo dove investire con costi di gestione contenuti.
Dove trovo i soldi da investire
In realtà la somma necessaria per risparmiare in ottica previdenziale è più bassa di quanto si immagini. Torniamo all’esempio in tabella. Si hanno 30 anni di lavoro prima della pensione e si devono mettere da parte 850 euro l’anno. Al mese fanno 70 euro. I versamenti fatti nei fondi pensione sono deducibili per un importo massimo annuo di 5.164,57 euro (tenendo conto dei versamenti del lavoratore dipendente più quelli del datore di lavoro ed escludendo il Tfr). Di fatto abbattono il reddito imponibile e, di conseguenza, pagano meno tasse. È un bel risparmio: ad esempio, se si versano 850 euro l’anno e si ha uno stipendio lordo di 30.000 euro si risparmiano ben 298 euro di imposte ogni anno, pari all’aliquota marginale di Irpef del 35%. Dunque, nel fondo entrano 850 euro, ma poi lo Stato ne restituisce all’investitore 298. Quindi, in realtà, si spendono di fatto 552 euro l’anno, cioè 46 euro al mese. Se sei un autonomo il vantaggio si ferma qui.
I lavoratori dipendenti hanno poi un altro vantaggio: a fronte del loro versamento nel proprio fondo pensione chiuso (o di categoria, cioè quello legato al tuo contratto collettivo), l’azienda ci mette ulteriore contributo di tasca propria: in media è pari all’1% dello stipendio anni lordo del dipendente (il valore preciso varia da contratto a contratto). In pratica, su 30.000 euro di stipendio lordo significa vedersi versati nel fondo 300 euro ogni anno, l’equivalente di 25 euro al mese. Tornando all’esempio, dai 70 euro iniziali da mettere da parte ogni mese si scende a 46 euro grazie ai vantaggi fiscali e poi, tenendo conto del contributo del datore di lavoro, si arriva alla cifra finale mensile di 21 euro.
In conclusione basta una somma minima ma sono importanti la durata dell’investimento, la costanza e il prodotto giusto.