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Calcolo pensione: come controllare se ci sono errori - Enrico Cantù Assicurazioni

CALCOLO PENSIONE: COME CONTROLLARE SE CI SONO ERRORI

COME VERIFICARE SE L’INPS HA COMMESSO DEGLI ERRORI NELLA LIQUIDAZIONE DELLA PENSIONE: CALCOLO RETRIBUTIVO, MISTO E CONTRIBUTIVO, VERIFICA ESTRATTO CONTO.

Finalmente è arrivata la liquidazione della pensione da parte dell’Inps, ma l’assegno mensile risulta troppo basso rispetto a ciò che ti aspettavi? Non sei il solo: in base a una ricerca dell’Inca Cgil Toscana, una pensione su 4 contiene errori di calcolo.

Com’è possibile? I calcoli non sono effettuati in automatico da un software? La risposta è affermativa, ma difficilmente la posizione di un pensionato si riassume nel suo estratto conto Inps (che, tra l’altro, può presentare anch’esso degli errori).

L’interessato, ad esempio, può aver diritto a delle maggiorazioni, per invalidità o per servizio, o alla neutralizzazione di determinati periodi sfavorevoli; inoltre, anche se i sistemi principali di calcolo della pensione sono tre, retributivo, misto e contributivo, questi sistemi sono applicati in modo differente, a seconda del fondo Inps di appartenenza, ed i software in dotazione non sono sempre in grado di supportare tutte le particolarità di calcolo specifiche. Per non parlare dei casi di ricongiunzione, cumulo e totalizzazione, le cui regole sono spesso applicate in modo scorretto.

In parole semplici, calcolare la pensione tramite il software in modo diretto, senza prima aver studiato la posizione previdenziale in modo completo, può portare a errori anche gravissimi: ecco perché una pensione su quattro è sbagliata.

Cosa può fare il pensionato per verificare se il suo trattamento è corretto?

Cerchiamo di capire, in questa semplice guida, come funziona il calcolo pensione: come controllare se ci sono errori, come deve essere valutata la posizione previdenziale del lavoratore, che cosa fare se la pensione è sbagliata.

Dove si controllano i contributi Inps?

Per controllare se il calcolo della pensione è corretto, si deve innanzitutto avere sottomano l’estratto conto Inps.

L’estratto conto dell’Inps è il documento in cui sono contenuti tutti i contributi previdenziali accreditati al lavoratore nelle gestioni che fanno capo all’Inps (fondo pensione lavoratori dipendenti, gestione separata, gestione commercianti, etc.).

I contributi che figurano nell’estratto conto possono essere obbligatori, volontari, risultare dal riscatto di un determinato periodo (ad esempio degli anni di laurea), o essere stati ricongiunti da un’altra gestione, o, ancora, essere stati accreditati dall’Inps figurativamente.

Che cosa fare se l’estratto conto è sbagliato?

Se ci si accorge che l’estratto conto è sbagliato, dopo che è stata già presa una decisione irreversibile, come quella di pensionarsi, l’Inps deve risarcire i danni.

Non importa che si tratti di estratto conto certificativo o di estratto conto ordinario: secondo la Cassazione, perché si possa riconoscere all’estratto conto il valore di certificazione, basta che sia comprensibile dal cittadino munito del livello di istruzione obbligatoria.

Se l’errore dell’Inps non ha ancora causato conseguenze irreversibili, lo si deve segnalare subito all’istituto: per farlo, si deve utilizzare, all’interno del fascicolo previdenziale del cittadino, la funzione Segnalazione contributiva, dal menu sulla sinistra della pagina, sotto Posizione assicurativa.

Per approfondire: Che cosa fare se mancano contributi.

I dipendenti pubblici, per i periodi di servizio mancanti, devono utilizzare la funzione Rvpa, sempre presente nel fascicolo previdenziale.

Quali sono i sistemi di calcolo della pensione?

Una volta che ti sei accertato che l’estratto conto sia corretto, per verificare se anche la pensione è corretta devi saper calcolare il trattamento. I sistemi di calcolo della pensione sono tre:

  • il sistema retributivo, che si basa sugli ultimi redditi e stipendi e sulle settimane di contributi versate: questo sistema di calcolo si deve applicare sino al 31 dicembre 2011 per i lavoratori che possiedono oltre 18 anni di contributi al 31 dicembre 1995; per approfondire: Come si calcola la pensione col sistema retributivo;
  • il sistema misto, che si applica ai lavoratori che possiedono meno di 18 anni di contributi al 31 dicembre 1995; a questi lavoratori si applica il calcolo retributivo sino al 31 dicembre 1995, dal 1° gennaio 1996 il calcolo contributivo;
  • il sistema contributivo, che si applica a coloro che non possiedono contributi accreditati prima del 1996 o ai lavoratori che optano per questo sistema di calcolo.

Come funzionano il calcolo retributivo e il calcolo misto?

Il calcolo retributivo della pensione, sino al 31 dicembre 2011, si applica ai lavoratori, iscritti alla generalità delle gestioni facenti capo all’Inps, che possiedono almeno 18 anni di contributi accreditati alla data del 31 dicembre 1995.

Se si possiedono meno di 18 anni di contributi al 31 dicembre 1995, il calcolo retributivo deve essere effettuato sino a questa data: parliamo, in tal caso, di calcolo misto .

Il sistema di calcolo retributivo è basato sugli ultimi stipendi percepiti ed è diviso in due quote:

  • Quota A, che si basa sugli ultimi 5 anni di stipendio, rivalutati, e sul numero di settimane di contributi possedute al 31 dicembre1992;
  • Quota B, che si basa sugli ultimi 10 anni di stipendio, rivalutati, e sul numero di settimane possedute: 
    • al 31 dicembre 2011 per chi possiede almeno 18 anni al 31 dicembre 1995;
    • al 31 dicembre 1995 per chi possiede almeno 18 anni al 31 dicembre 1995 (calcolo misto).

Come si calcola la quota A?

Per il calcolo della Quota A si deve procedere in questo modo, per la generalità delle gestioni Inps (ad esempio fondo pensione lavoratori dipendenti):

  1. la retribuzione degli ultimi 5 anni deve essere rivalutata secondo la variazione dell’indice annuo del costo della vita, calcolato dall’Istat ai fini della scala mobile delle retribuzioni dei lavoratori dell’industria; in pratica, gli stipendi degli ultimi 5 anni precedenti alla pensione vanno rivalutati singolarmente (anno per anno) secondo un apposito indice;
  2. gli stipendi rivalutati vanno poi sommati;
  3. la retribuzione rivalutata degli ultimi 5 anni deve poi essere divisa per 260 (o per il minor periodo, nel caso in cui le annualità precedenti al 31 dicembre 1992 siano meno di 5); si ottiene così la retribuzione media settimanale (R.M.S.);
  4. la retribuzione media settimanale deve essere poi moltiplicata per il numero di settimane possedute al 31 dicembre 1992 e moltiplicata per un’aliquota di rendimento, che varia a seconda dell’ammontare della stessa retribuzione media settimanale (se questa supera determinati tetti, l’aliquota di rendimento si abbassa);
  5. si ottiene così la Quota A di pensione.

Come si calcola la quota A per i dipendenti pubblici?

Per gli iscritti alla Cassa Stato (ex Inpdap), la retribuzione pensionabile non è costituita dalla media degli ultimi stipendi, ma dalle voci retributive percepite nell’ultimo mese di servizio moltiplicate per 12 mensilità.

Le voci pensionabili in Quota A, cioè le voci che possono essere valutate nella Quota A ai fini della pensione, devono essere tassativamente previste dalla legge.

Inoltre, alcune voci dello stipendio possono essere maggiorate del 18%, come lo stipendio tabellare, la retribuzione individuale di anzianità e la vacanza contrattuale, mentre altre, come l’indennità integrativa speciale, non godono di questa maggiorazione.

Le voci differenti, definite accessorie, restano fuori dalla base pensionabile.

La base pensionabile cambia ancora per i dipendenti iscritti alle ex casse di previdenza amministrate dal tesoro (Cpdel, Cps, Cpi e Cpug), come i dipendenti degli enti locali: la retribuzione pensionabile è difatti costituita dalle voci dello stipendio che hanno caratteristiche di fissità e continuità.

In pratica, per determinare la base pensionabile si devono moltiplicare le voci fisse e continuative percepite nell’ultimo mese di servizio (come risultano dall’ultima busta paga) per 13 mensilità, senza includere le voci accessorie.

Anche i rendimenti, per i dipendenti pubblici, si calcolano in modo differente rispetto alla generalità dei lavoratori subordinati.

Come si calcola la quota B?

Il calcolo della Quota B si effettua invece in questo modo:

  1. la retribuzione degli ultimi 10 anni deve essere rivalutata secondo la variazione dell’indice annuo dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati calcolato dall’Istat, con l’incremento di un punto percentuale per ogni anno solare preso in considerazione;
  2. la retribuzione rivalutata degli ultimi 10 anni deve poi essere divisa per 520 (o per il minor periodo): si ottiene così la retribuzione media settimanale (rms.);
  3. la retribuzione media settimanale deve essere poi moltiplicata per il numero di settimane possedute dal 1° gennaio 1993 al 31 dicembre 2011, o dal 1° gennaio 1993 al 31 dicembre 1995, e moltiplicata per un’aliquota di rendimento, che varia a seconda dell’ammontare della stessa retribuzione media settimanale (i tetti di retribuzione sono gli stessi utilizzati per la quota A);
  4. si ottiene così la Quota B di pensione.

Un metodo più veloce ed approssimativo per il calcolo consiste nell’individuare la retribuzione media pensionabile degli ultimi anni di retribuzione (rivalutati) e nel moltiplicarla per un’aliquota di rendimento del 2%, che a sua volta è moltiplicata per il numero di anni di contribuzione.

Come funziona il calcolo contributivo?

Il calcolo contributivo è utilizzato, nei confronti dei lavoratori iscritti all’Inps, con riguardo ai contributi versati:

  • a partire dal 1° gennaio 1996, per chi possiede meno di 18 anni di contributi al 31 dicembre 1995 (cioè ai contribuenti che applicano il metodo misto);
  • a partire dal versamento del 1° contributo, per chi non ha anzianità contributiva al 31 dicembre 1995;
  • per tutti i contributi accreditati, per chi sceglie di ricalcolare tutta la pensione col sistema contributivo: questo è possibile, ad esempio, con l’ Opzione Donna, con l’Opzione contributiva Dini, con il computo nella Gestione Separata o con la totalizzazione dei contributi;
  • a partire dal 1° gennaio 2012, per chi possiede più di 18 anni di contributi al 31 dicembre 1995 (cioè a chi era soggetto al solo calcolo retributivo).

Il calcolo contributivo non si basa sugli ultimi stipendi o retribuzioni percepite come il sistema retributivo, ma sui contributi effettivamente accreditati nel corso dell’attività lavorativa, rivalutati e trasformati in rendita da un coefficiente che aumenta all’aumentare dell’età pensionabile.

Anche il calcolo contributivo si divide in due quote:

  • la quota A, sino al 31 dicembre 1995;
  • la quota B, dal 1° gennaio 1996 in poi.

Come ricavare l’assegno di pensione

Per ricavare l’assegno di pensione corrispondente alla Quota B, bisogna innanzitutto:

  • accantonare, per ogni anno, il 33% della retribuzione lorda corrisposta dal 1996 (il 33% è l’aliquota valida per la generalità dei lavoratori dipendenti), oppure l’aliquota contributiva prevista dall’Inps per le altre categorie di lavoratori;
  • rivalutare i contributi accantonati ogni anno, in base alla media mobile quinquennale della crescita della ricchezza nazionale, ovvero all’incremento del Pil nominale, che comprende anche il tasso di inflazione che si registra anno per anno;
  • sommare i contributi rivalutati, ottenendo così il montante contributivo da convertire in pensione (il montante contributivo è, appunto, la somma de contributi accantonati, che devono essere rivalutati annualmente);
  • moltiplicare il montante contributivo per il coefficiente di trasformazione, una cifra espressa in percentuale che varia in base all’età, ottenendo così la quota B di pensione.

Per determinare la Quota A della pensione, in caso di opzione per il sistema contributivo, computo o totalizzazione, il procedimento è più complicato.

Il complesso meccanismo dovrebbe risultare più semplice spiegato in questo modo:

  • si prendono le 10 retribuzioni annue precedenti il 1996 (o le retribuzioni 1993-1995 per i dipendenti pubblici);
  • si applica l’aliquota contributiva pensionistica riferita all’epoca del versamento (quella del 1995, ad esempio, era pari al 27,12% per la generalità dei dipendenti);
  • si rivalutano i contributi così ottenuti, sulla base della media quinquennale del Pil nominale;
  • si ricava una media annua di contribuzione (capitalizzata) dividendo il totale della somma complessivamente accantonata per 10 (o per 3, per i dipendenti pubblici);
  • si moltiplica il risultato ottenuto per il numero complessivo degli anni di anzianità, valutati però ponderandoli con il rapporto tra l’aliquota contributiva vigente in ciascun anno e la media delle aliquote contributive vigenti nei 10 (o 3) anni precedenti quello in cui viene esercitata l’opzione;
  • si ottiene, così, il montante contributivo della quota A, che deve essere moltiplicato per il coefficiente di trasformazione per trasformarsi in quota A di pensione.

Si possono, in alternativa, sommare i due montanti contributivi, della Quota A e della Quota B, per giungere al montante contributivo totale, che viene poi trasformato in rendita dal coefficiente di trasformazione, che varia in base all’età pensionabile.

Come si trasformano i contributi in pensione?

I contributi, nel calcolo contributivo, si trasformano in pensione attraverso i coefficienti di trasformazione, che aumentano all’aumentare dell’età pensionabile. Eccoli nel dettaglio:

Coefficienti di trasformazione dal 2019

57 anni: 4,2%

58 anni: 4,304%

59 anni: 4,414%

60 anni: 4,532%

61 anni: 4,657%

62 anni: 4,79%

63 anni: 4,932%

64 anni: 5,083%

65 anni: 5,245%

66 anni: 5,419%

67 anni: 5,604%

68 anni: 5,804%

69 anni: 6,021&

70 anni: 6,257%

Coefficienti di trasformazione validi dal 2016 al 2018

57 anni: 4,246%

58 anni: 4,354%

59 anni: 4,468%

60 anni: 4,589%

61 anni: 4,719%

62 anni: 4,856%

63 anni: 5,002%

64 anni: 5,159%

65 anni: 5,326%

66 anni: 5,506%

67 anni: 5,700%

68 anni: 5,910%

69 anni: 6,135%

70 anni: 6,378%

Quando l’età, alla data del pensionamento, non corrisponde ad un anno esatto (ad esempio, 57 anni e 7 mesi), devono essere aggiunte al coefficiente le relative frazioni di anno.

Ad esempio, per calcolare il coefficiente di trasformazione di un lavoratore con decorrenza della pensione a 58 anni e 8 mesi di età, si devono svolgere le seguenti operazioni:

4,535 (coefficiente vigente per chi si pensiona a 59 anni) – (meno) 4,416 (coefficiente vigente per chi si pensiona a 58 anni) = 0,119.

Si deve poi dividere il risultato per 12 mesi, ottenendo 0,0099167 circa. Il nuovo risultato deve essere moltiplicato per 8 mesi, ottenendo, per arrotondamento, la cifra 0,079.

A questo punto, bisogna sommare questa cifra al coefficiente per chi si pensiona a 58 anni, arrivando così al coefficiente corretto per chi si pensiona a 58 anni ed 8 mesi, cioè 4,495.

Per trasformare il montante contributivo in pensione, si deve applicare questo coefficiente, come percentuale, al montante rivalutato: dividendo il risultato per 13, si arriva alla pensione mensile.

Come si fa ricorso all’Inps per la pensione errata?

Dopo aver fatto il calcolo della pensione hai avuto la conferma che l’Inps l’ha liquidata in modo errato? Devi inviare subito ricorso.

Nel dettaglio, se devi inviare un ricorso online all’Inps perché la pensione è troppo bassa:

  • è sufficiente inviare il ricorso contro il provvedimento di liquidazione della pensione al comitato gestore del fondo a cui sei iscritto, generalmente entro 90 giorni dalla data di ricevimento del provvedimento (per determinati fondi sono previsti solo 30 giorni, quindi fai attenzione);
  • puoi inviare il ricorso amministrativo tramite patronato, oppure tramite il sito web dell’Inps, sezione Ricorsi online;
  • sarà la procedura presente all’interno della sezione Ricorsi Online ad indirizzare l’atto al competente comitato;
  • è consigliabile allegare quanta più documentazione pertinente possibile (all’interno della sezione Ricorsi online è presente l’apposita funzione per caricare gli allegati) per circostanziare il ricorso; se, ad esempio, il motivo del ricorso è la liquidazione di una pensione più bassa di quella spettante, è opportuno allegare la documentazione da cui si evince che i calcolo sino sbagliati (estratti conto Inps Inpdap, modelli PA04, Cu, conteggi dettagliati con richiami alle circolari applicative…).

In caso di rigetto del ricorso, o di mancata risposta, deve allora essere effettuato un ricorso alla Corte dei Conti: il termine di decadenza per fare causa all’Inps è pari a 3 anni.

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