Il mondo è radicalmente cambiato in questi anni di pandemia, e tra problemi e preoccupazioni ci sono anche tante novità e alcune opportunità.
Un’evidenza è certamente il favore crescente nei confronti della digitalizzazione, con il suo contributo attivo al miglioramento della società: un fenomeno che è stato definito “tech-love”.
Il colpo di fulmine per la tecnologia è partito dal doloroso periodo del lockdown, ma poi lo stimolo digitale è rimasto nelle nostre vite, anche quando abbiamo potuto nuovamente varcare la soglia di casa.
Questo grande incremento nell’uso del digitale si è verificato in ogni settore :svago, lavoro, studio.Complesso stabilire se questo ha portato solo aspetti positivi o anche negativi.
Quello emerge dalle testimonianze di noi cittadini italiani è che grazie alle soluzioni digitali, è cambiato il nostro modo di connettersi con gli amici, la famiglia e il mondo esterno. Si possono risolvere diversi problemi e seccature (evitandoci soprattutto di doverci recare nel uffici pubblici) ma è vero che troppe ore allo schermo distolgono dai figli e dall’attività fisica.
Quindi il sentimento comune sarebbe quello di farsi aiutare dalla tecnologia , purché quello per il digitale non sia un amore cieco e incondizionato. I problemi ci sono e non vanno ignorati, soprattutto se
riguardano la salute.
La pandemia ha sicuramente introdotto nuove abitudini digitali nelle nostre vite. Il 21% degli italiani ha acquistato almeno un nuovo dispositivo connesso a internet (come tablet, computer portatile, stampante smart, console per videogiochi…) per motivi legati alla pandemia. In molto casi si è trattato di necessità legate al lavoro da remoto, ma soprattutto alla didattica a distanza. Infatti, la percentuale di chi ha acquistato nuovi dispositivi a causa del Covid raggiunge il 34% tra chi vive con figli e il 40% tra chi è studente.
Contemporaneamente le piattaforme digitali sono diventate ancor di più un punto di riferimento per i consumatori in cerca di intrattenimento e di occasioni di acquisto nel periodo segnato dal Covid. Più di un terzo degli italiani ha iniziato a utilizzare per la prima volta almeno un’app o una piattaforma online per motivi legati alla pandemia.La ragione è stata soprattutto farsi consegnare a casa cibo o altri articoli, ma anche fare movimento o intrattenersi guardando un film.
Il processo di digitalizzazione è stato diffuso: sono tante le attività iniziate per la prima volta online. Non solo per fare la spesa nei negozi virtuali, ma anche per utilizzare nuovi servizi via web, per rinnovare
i documenti, pagare le utenze, fare investimenti o acquistare abiti o altro. E la maggior parte di chi ha usufruito per la prima volta di un servizio via internet dichiara che è stato facile farlo. È probabilmente grazie a queste prime esperienze senza intoppi che in tanti dichiarano di voler continure a utilizzare servizi fiscali o assicurativi online, ad acquistare elettrodomestici o prodotti hi-tech da internet. Insomma, una rivoluzione che rischia di mettere ancora più in ginocchio i negozianti di quartiere.
Il 46% degli intervistati dalla Rivista Altroconsumo afferma di passare più tempo online per motivi di svago e di vita privata rispetto a prima della pandemia. Questa percentuale è significativamente più alta tra chi ha 18-34 anni (62%). Aumenta dunque il ricorso al web nella sfera privata per navigare online, chattare e usare i social media.
Dall’indagine emerge però anche una certa consapevolezza dell’impatto negativo che le ore trascorse online possono avere a livello personale e familiare.
Il 31% degli intervistati ritiene di fare spesso un uso eccessivo dei dispositivi connessi. Pensando ai propri figli adolescenti (13-17 anni) la preoccupazione è ancora più diffusa.

Nel complesso, il 39% degli italiani ritiene che le proprie abitudini di utilizzo di internet abbiano un impatto negativo sulla propria salute; lo pensano soprattutto i più giovani tra 18 e i 34 anni. I disagi maggiori riguardano in particolare il proprio riposo (relax, qualità del sonno) e il tempo sottratto alle relazioni dal vivo con figli, partner e amici.
Ma il Covid ci ha aperto anche a nuove opportunità lavorative. Si è diffuso un nuovo modo di lavorare, “agile”,non più inchiodato alla scrivania dell’ufficio.
Tra chi ha un lavoro che può essere svolto almeno in parte da remoto, tre intervistati su quattro lavorano attualmente da casa e il 51% prevede di avere questa possibilità anche al termine della pandemia.
Prima del Covid solo al 29% era concesso di farlo.
Secondo l’esperienza degli intervistati, lavorare tra le mura domestiche ha avuto una serie di effetti positivi sulla vita professionale nel complesso e soprattutto sul proprio rendimento, sulla riduzione
dello stress, sulla conciliazione con i tempi della vita privata.Non mancano, però, i problemi: sono cambiate soprattutto le relazioni con i colleghi, che in alcuni casi sono peggiorate.

In sostanza la pandemia ci ha portato rapidamente dentro una nuova era digitale, che forse avremmo raggiunto in modo più progressivo se non ci fosse stata l’urgenza creata del virus.
Questa rivoluzione ci ha insegnato che, grazie a lavoro, formazione e gestione delle relazioni a distanza, la tecnologia può concederci diversi benefici cui forse non sapremo più rinunciare.
Per fare in modo che questa nuova era digitale si consolidi, occorre che dopo i cittadini, anche il Paese sia pronto ad accogliere il cambiamento e affinché questo succeda si deve sempre più ridurre il gap tra chi ha accesso alla rete e chi no.