Un articolo di Altroconsumo analizza lo stato di salute degli italiani dopo oltre due anni di Pandemia.
Purtroppo appare sempre più precaria, anche a causa della crisi dell’assistenza sanitaria.
A dirlo sono i dati del nuovo rapporto dell’Osservatorio nazionale sulla salute nelle Regioni italiane. A giocare un ruolo chiave nel suo indebolimento ci sono diversi fattori: da un lato il fatto che ci si è recati meno alle visite specialistiche nuove e di controllo (con un peso elevato soprattutto sulle cronicità), dall’altro il fatto che sono peggiorati gli stili di vita. Ad esempio, è aumentato il sovrappeso e il consumo di alcolici: dal 2019 al 2020 si è assistito a un aumento dei consumi a rischio di alcolici pari al +6,5% per i maschi e al +5,6% per le femmine. Inoltre, complici le chiusure e le restrizioni, è diminuita anche la quota di sportivi regolari.
L’emergenza Covid-19 ha avuto un impatto molto forte sulle strutture sanitarie, il rischio del contagio, il rinvio delle attività chirurgiche programmate e di quelle ambulatoriali, la riorganizzazione delle strutture di assistenza e la ridistribuzione del personale, nonché l’assorbimento pressoché totale delle risorse territoriali nella lotta alla pandemia, hanno determinato una riduzione della presa in carico e della continuità assistenziale per i pazienti con patologie acute e croniche. Se nel 2019 sono state erogate circa 26 milioni e 600 mila prime visite, nel corso del 2020, le prime visite sono diminuite di circa un terzo. Gli effetti di tutto ciò, dicono gli esperti, si paleseranno sulla società e sui servizi sanitari anche nei prossimi anni.
L’81% di chi negli ultimi 12 mesi ha cercato di prenotare visite o esami diagnostici con il Servizio sanitario nazionale ha avuto difficoltà legate alla lunghezza delle liste d’attesa e il 5% di questi, alla fine, ha rinunciato alla prestazione. È quanto emerge dall’ultima indagine di Altroconsumo (svolta tra il 5 e il 10 maggio 2022 su un campione rappresentativo di 800 italiani di 25-79 anni). In molti, il 27%, hanno deciso di aspettare; il 4% ha cercato altre soluzioni (ad esempio recandosi in ospedali più lontani). Ma la maggior parte, il 65%, alla fine si è rivolta al privato.
E non sorprende quindi, che in un articolo di Tgcom24, si parli della scelta del più grande ospedale della Liguria, il “San Martino” di Genova di sospendere gli interventi chirurgici programmati per tre mesi. Si darà spazio solo alle urgenze e alle operazioni oncologiche. Una decisione dolorosa ma inevitabile, arrivata a causa della carenza di personale:mancherebbero almeno 230 infermieri, e il direttore generale dell’ospedale parla di una pesante carenza di anestesisti, tecnici di laboratorio e radiologia. È la prima volta nella storia della struttura ospedaliera e la decisione ha scatenato non poche polemiche in Consiglio regionale. Già a metà agosto in Calabria erano in arrivo 500 camici bianchi da Cuba per la mancanza di medici.
Un problema, quindi, che riguarda tutto il Paese, e dovuto principalmente alla difficoltà al momento di trovare medici specializzati.