La pandemia ha incrinato la fiducia degli assistiti: dall’indagine emerge un senso di abbandono, minore soddisfazione, la rinuncia ad alcune cure e il timore di essere poco considerati.
Quanto conta la fiducia nel proprio medico di famiglia?
Oggi tanto, anche più di prima. I malati non vogliono solo cure sanitarie, non bastano i giudizi clinici e gli esami prescritti: desiderano anche sentire la vicinanza del proprio medico, soprattutto in momenti cruciali come sono stati i mesi di questa pandemia. A fare luce sul rapporto con il medico di famiglia sono i quasi 1.700 pazienti che hanno risposto alle domande del nostro questionario. L’obiettivo della ricerca era indagare la relazione tra i medici di medicina generale e gli assistiti, per capire anche quali sono stati gli effetti del distanziamento forzato dovuto alla pandemia di Covid.
Tra i messaggi più chiari che sono arrivati dai pazienti, c’è un diffuso senso di abbandono: il 31% di chi ha avuto bisogno del proprio medico durante l’emergenza dichiara di non avere ricevuto un’assistenza adeguata. La colpa non è certo dei medici, che durante la pandemia hanno fatto tutto il possibile.


Il problema è che l’emergenza ha portato al pettine in modo drammatico le croniche carenze dell’assistenza territoriale che, come spiega Alberto Aronica nell’intervista, va ripensata.
La relazione è poco fluida Circa la metà degli intervistati è seguita dal proprio medico di famiglia da
più di dieci anni, ma ben un quarto del campione ha invece cambiato medico da non più di due anni
(presumibilmente quindi per ragioni legate alla pandemia). Per buona parte dei pazienti la comunicazione con il medico non è aperta né trasparente: reticenza e timori sono diffusi. Un paziente su tre lo informa raramente o mai sui trattamenti complementari (ad esempio fisioterapia, agopuntura…) o in caso di automedicazione; il 42% esprime raramente o mai la sua contrarietà riguardo alle terapie prescritte. Sono
diffusi (27%) il timore o la vergogna di fare domande durante la visita, atteggiamento più comune tra chi ha meno di 45 anni e vive nel Nord-ovest. E infatti il 30% non chiede mai (o solo raramente) maggiori informazioni e spiegazioni riguardo alle indicazioni che sono date dal medico. Alla domanda specifica sulle capacità professionali dei medici, un’ampia maggioranza (69%) ritiene che il proprio dottore sia molto bravo. E infatti, l’86% prova rispetto per il proprio medico di famiglia, l’83% segue scrupolosamente le sue raccomandazioni e il 76% si fida delle sue diagnosi (la fiducia cala un po’ tra le donne e tra chi ha meno di 45 anni). La relazione interpersonale però spesso non va oltre la sfera della salute e c’è una sfiducia di fondo: solo la metà pensa che al medico di famiglia interessi davvero dei pazienti.
Gli effetti della pandemia
Una parte del questionario riguarda l’esperienza con il medico di famiglia nei primi 18 mesi dall’inizio della pandemia.
Molti pazienti dichiarano di non avere ricevuto un’assistenza adeguata da parte del proprio medico. Il 31% di chi ne ha avuto bisogno durante l’emergenza ritiene di non aver ricevuto tutta l’assistenza necessaria. L’impressione è ancora più diffusa tra chi soffre di malattie o disturbi che richiedono cure
continuative, come i malati cronici.
La rinuncia alla cure
Durante la pandemia, molti pazienti per varie ragioni hanno rinunciato alle cure: per paura di presentarsi in ambulatorio o perché hanno avuto difficoltà a farsi visitare. Non avere ricevuto un’assistenza adeguata da parte del medico di famiglia ha comportato un impatto variabile sul proprio stato di salute: lieve (per il 40%), moderato (28%), ma talvolta anche grave (16%). Tra chi ha avuto bisogno del medico di famiglia a partire dall’inizio della pandemia, il 18% dichiara di non avere fatto visite di alcun tipo, né di persona né al telefono o in videochiamata. Solo il 63% ha incontrato il medico di persona, mentre il 59% lo ha
consultato almeno una volta da remoto.
Uno su quattro è insoddisfatto
Nel complesso i pazienti che hanno avuto bisogno di assistenza sanitaria nel corso della pandemia mostrano una discreta soddisfazione per il proprio dottore, con un giudizio medio pari a 7,3 (su 10). Nonostante questo, quasi un paziente su quattro (24%), si dichiara insoddisfatto del medico di famiglia
durante la pandemia. L’insoddisfazione è particolarmente diffusa tra chi in quel periodo ha saltato visite che riteneva necessarie. In generale, c’è minor gradimento anche tra chi ha difficoltà economiche e un livello d’istruzione basso. Il giudizio verso i medici di famiglia risulta piuttosto basso in Sicilia, Lombardia (6,5) e Campania (6,7); invece è buono in Piemonte (7,7) e Toscana (7,6). I pazienti apprezzano la facilità con cui hanno potuto ottenere le ricette durante la pandemia, mentre l’aspetto che ha deluso maggiormente è la capacità del medico di monitorare lo stato di salute del paziente (il 42% non ne è soddisfatto); un dato rilevante, dato che si tratta dell’aspetto che incide di più sulla soddisfazione degli intervistati.
Poca soddisfazione anche sui tempi per prendere un appuntamento e sulla facilità nel mettersi in contatto. Il 22% degli intervistati ritiene di essere meno soddisfatto del servizio rispetto a prima
del periodo Covid. Il 69% considera invece inalterato il rapporto col medico.
Dubbi sul servizio pubblico
Le opinioni sulla capacità del Servizio sanitario nazionale (Ssn) di garantire un’assistenza sanitaria accessibile e di qualità sono piuttosto polarizzate: il 38% ha poca fiducia, il 31% molta. Il giudizio
complessivo sulla fiducia nel Ssn è poco più della sufficienza (pari a 6,3 su una scala da 1 a 10). Va detto, però, che in una precedente indagine sulla fiducia nelle istituzioni (Altroconsumo Inchieste 362, ottobre 2021), nessuna brillava e che il Ssn era classificato al terzo posto su venti istituzioni italiane e internazionali, superato solo da Polizia ed Esercito.
Chi ha percepito la mancanza di un’assistenza adeguata durante la pandemia manifesta molta meno fiducia nel sanità pubblica, segno che il medico di famiglia è un presidio importante ed è il vero collante tra i cittadini e il Servizio sanitario nazionale.

tratto da articolo di Altroconsumo