PER DBRS MORNINGSTAR, I GRUPPI ASSICURATIVI ITALIANI HANNO RAGGIUNTO UN OTTIMO LIVELLO DI INTEGRAZIONE DEI RISCHI LEGATI AL CAMBIAMENTO CLIMATICO NELLE PRATICHE DI RISK MANAGEMENT. DAL FOCUS SUI RISCHI FISICI A QUELLI TRANSITORI, PASSANDO PER L’IMPLEMENTAZIONE DEI “BOND-CATASTROFE”
L’Italia è considerata uno dei Paesi in Europa con un’esposizione ai rischi derivanti dal cambiamento climatico tra le più alte, con una sempre maggiore frequenza di eventi climatici estremi ad elevata intensità.
Secondo una ricerca condotta da Dbrs Morningstar che analizza l’impatto del cambiamento climatico sul bel Paese, sono stati identificati in particolar modo cinque fattori che sarebbero più legati o messi sotto pressione dai rischi derivanti dal climate change: l’ambiente urbano, l’aspetto geo-idrologico, le risorse idriche, l’agricoltura e gli incendi boschivi.
Gruppi assicurativi e cambiamento climatico
I più grandi gruppi assicurativi in Italia, tra cui Generali, forniscono ampie informazioni su come queste realtà stiano affrontando i problemi legati al cambiamento climatico.
“La loro rendicontazione riesce a dare una buona visione d’insieme di come il settore assicurativo italiano stia integrando il problema del climate change nei propri sistemi di gestione del rischio, posizionandosi per affrontare i suoi effetti nel lungo termine“, evidenziano gli analisti dell’agenzia di rating.
Alcuni tra i principali assicuratori hanno indicato, inoltre, che gli impatti dei rischi derivanti dal cambiamento climatico sono stati integrati anche nei loro processi di valutazione del rischio e della solvibilità (Own Risk and Solvency Assessment, “Orsa”), influenzando anche le loro strategie di riassicurazione.
Cambiamenti climatici fisici e transitori
Scendendo ulteriormente nel dettaglio, i rischi derivanti dai cambiamenti climatici sono classificati in fisici e transitori.
Il rischio fisico principale è il rischio tecnico e di credito causato dall’aumento della frequenza e della gravità delle conseguenze del cambiamento climatico, mentre i rischi di transizione comportano perdite potenziali nel portafoglio di investimenti dovute a esposizioni verso imprese che non soddisfano le aspettative per quanto riguarda il percorso di transizione verso un’economia a basse emissioni di CO2, comprendendo anche i rischi per la reputazione derivanti dall’intraprendere affari con società il cui percorso verso un’economia a basse emissioni di carbonio è considerato insufficiente.
“Nella gestione dei rischi fisici legati al cambiamento climatico, gli sforzi degli assicuratori per integrare i cambiamenti climatici nella gestione del rischio di sottoscrizione si concentrano sull’individuazione di cambiamenti nella frequenza e nell’intensità degli eventi catastrofici e sul riconoscimento del loro potenziale impatto sul rischio di sottoscrizione“, si legge nella ricerca di Dbrs, secondo cui, a tal fine, gli assicuratori italiani raccoglierebbero molteplici e dettagliate statistiche al fine di incorporarle successivamente nei modelli attuariali, utilizzandole così per stimare le perdite potenziali legate ai cambiamenti climatici.
“Grazie ai processi Orsa, le compagnie assicurative hanno iniziato a incorporare concretamente gli impatti dei cambiamenti climatici emergenti“, sottolineano a Dbrs.
Per quanto riguarda i rischi di transizione legati al cambiamento climatico, invece, i grandi assicuratori italiani si concentrano sulla minimizzazione del potenziale di perdite nei portafogli di investimento, che potrebbe derivare da esposizioni verso soggetti che non soddisfano le aspettative in materia di transizione verso economie più verdi.
“Generali ha indicato di aver ridotto le esposizioni di portafoglio di investimenti nei confronti di taluni emittenti nei settori del carbone e delle sabbie bituminose, compresi quelli con più del 30% delle entrate o della produzione di energia dal carbone o con più del 5% delle entrate derivanti dalle sabbie bituminose, e ai progetti per la costruzione di nuove centrali a carbone, riferendo anche la volontà di ridurre al minimo l’esposizione a questo settore e, dal 2018, non offre più copertura assicurativa per la costruzione di nuove centrali a carbone e miniere“, precisano gli analisti di Dbrs.
In conclusione, la valutazione dei rischi ambientali sta diventando una componente sempre più importante dell’analisi per l’attività assicurativa relativa a immobili e sinistri. Oltre ad includere l’impatto delle catastrofi sulla propria solidità finanziaria, i gruppi assicurativi stanno portando avanti una serie di considerazioni riguardanti la prevedibilità, la frequenza e la gravità dei sinistri, “compiendo notevoli progressi nell’integrazione dei fattori ambientali nei processi di pianificazione strategica e di gestione dei rischi“, concludono a Dbrs.