Un articolo di La Repubblica di Michele Bocci e Rosario Di Raimondo analizza la situazione che anziani e persone non autosufficienti stanno affrontando in Italia : l’abbandono da parte dello Stato e delle Istituzioni che dovrebbero garantire la loro tutela.
“Se ne sentono di tutti i colori” :
- Anziani in case di riposo troppo piccole, accuditi, se così si può dire, in residenze sanitarie (RSA), con poco personale.
- A Bologna, a Ferragosto, i carabinieri del Nas hanno scoperto una struttura dove c’erano tre operatori per cinquanta ospiti.
- Nelle cucine di due RSA a Pavia, hanno trovato le blatte.
- In un’altra di Cremona, erano occupati nove letti in più rispetto ai 55 previsti.
- Su 351 strutture controllate in piena estate, una su cinque aveva dei problemi.
Le associazioni dei familiari protestano per i loro parenti “isolati dal mondo, che passano la vita in un letto”, a fronte di rette mensili da almeno 3 mila euro, coperte per circa la metà dalle Regioni se le strutture sono convenzionate. I proprietari sono in allarme perché gli infermieri non si trovano, i costi lievitano, i bilanci vanno in rosso.
Un sistema, quello che si occupa della tutela dei più fragili, che rischia di saltare.
Intanto scricchiola, con RSA che sono costrette a chiudere posti letto perché non hanno personale e quindi a lasciare a casa, in attesa di trovare un posto, anziani che ne avrebbero bisogno.
“Oggi la qualità della vita degli ospiti delle RSA non è all’altezza. E andiamo verso un peggioramento. C’è bisogno di un intervento immediato per togliere dalla fatica e dal dolore centinaia di migliaia di famiglie”, dice Alessandro Azzoni presidente di “Felìcita”, associazione dei familiari degli anziani morti al Pio Albergo Trivulzio, durante l’emergenza Covid.
“La carenza del personale, spesso sottopagato e non preparato, è solo uno dei problemi. Il benessere di un anziano non è solo sanitario. Nelle RSA, soprattutto dopo il Covid, non vengono assicurati i servizi più attinenti alla vita sociale, al rimanere attivi, ad avere scambi col territorio. Gli ospiti hanno meno attività, se non nulle”. Per fortuna non è tutto uguale. Ci sono strutture virtuose. Ma la colpa, il motivo per cui non sono di più va ai costi che crescono, ma tra ciò che paga la famiglia e l’integrazione al 50% della Regione, oggi un anziano dovrebbe ricevere “un servizio ben più all’altezza”.
Ma a sentire i gestori, il problema economico c’è ed è enorme. “Il nostro è un grido di allarme”, sintetizza Franco Massi di Uneba, che raccoglie circa 800 strutture, quasi tutte onlus del mondo cattolico. “I costi aumentano e abbiamo il problema del personale. Si sta riducendo perché molti si spostano negli ospedali e nelle strutture pubbliche, anche loro in sofferenza per gli organici. Con meno lavoratori la qualità dell’assistenza peggiora oppure, cosa che scelgono di fare molti nostri associati, le strutture chiudono dei posti letto. Così le liste di attesa sul territorio crescono”.
Se da una parte ci sono anziani seguiti sempre peggio, dall’altra ce ne sono di più costretti ad aspettare un aiuto, magari a casa in condizioni di non autosufficienza e senza un’assistenza adeguata.